lunedì 28 marzo 2011

L’eleganza del riccio

In fondo siamo programmati per credere a ciò che non esiste, perché siamo esseri viventi e non vogliamo soffrire. Allora cerchiamo con tutte le forze di convincerci che esistono cose per cui vale la pena di vivere e che per questo la vita ha un senso.
Gli adulti hanno un rapporto isterico con la morte. Essa diventa un affare di stato, fanno un sacco di storie, e dire invece che è l’evento più banale del mondo! Morire deve essere un passaggio delicato, una morbida discesa verso il riposo. A cosa serve morire se non a evitare la sofferenza?
A torto crediamo che il risveglio della coscienza coincida con l’ora della nostra prima nascita, forse perché è l’unica condizione vitale che sappiamo immaginare. Tutt’al più perché la coscienza possa manifestarsi, ha bisogno di un nome.
Non c’è niente di più duro e ingiusto della realtà umana: gli uomini vivono in un mondo, dove sono le parole e non le azioni ad avere il potere, dove la massima competenza è il controllo del linguaggio. E’ una cosa terribile, perché in definitiva siamo soltanto dei primati programmati per mangiare, dormire, riprodursi e conquistare territorio; quelli più tagliati per queste cose si fanno sempre comandare da quelli che parlano bene ma che al contempo non saprebbero difendere il proprio giardino.
L’universo tende segretamente alla vacuità, le anime perdute rimpiangono la bellezza, l’insensatezza ci accerchia. E’ il rituale del tè ha la straordinaria virtù di aprire una breccia di serena armonia nell’assurdità delle nostre vite.
Lo schiudersi della bellezza pura nel cuore delle passioni effimere non è ciò che aspirano tutti?E che noi, Civiltà Occidentali, non sappiamo raggiungere?
La contemplazione dell’eternità nel movimento stesso della vita (è il grande traguardo da raggiungere!) NdR.
La nostra capacità di manipolare noi stessi perché lo zoccolo delle nostre credenze non vacilli neanche un po’ è un fenomeno affascinante.
Il Bello è ciò che cogliamo mentre sta passando. E’ l’effimera configurazione delle cose nel momento in cui ne vedi insieme la bellezza e la morte. E’ così che dobbiamo vivere? Sempre in equilibrio tra la bellezza e la morte, tra il movimento e la sua scomparsa?
Forse essere vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono!

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