lunedì 21 febbraio 2011

L’insostenibile leggerezza dell’essere

Il mito dell’eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un’ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza.
Esso indica una prospettiva dalla quale le cose appaiono in maniera diversa da come noi le conosciamo: appaiono prive della circostanza attenuante della loro fugacità.
Nel mondo dell’eterno ritorno, su ogni gesto grava il peso di un’insostenibile responsabilità.
Se l’eterno ritorno è il fardello più pesante, allora le nostre vite su questo sfondo possono apparire in tutta la loro meravigliosa leggerezza.
Quello che avviene soltanto una volta è come se non fosse mai avvenuto. Se l’uomo può vivere solo una vita, è come se non vivesse affatto!
Amare qualcuno per compassione significa non amarlo veramente.
D’altra parte, il suo subconscio era tanto vigliacco da scegliere per la sua commedia quella povera cameriera di provincia che non aveva praticamente nessuna possibilità di entrare nella sua vita!
La cultura scompare nell’abbondanza della sovrapproduzione, nella valanga dei segni, nella follia della quantità.
Vivere nella verità, non mentire né a se stessi né agli altri, è possibile soltanto a condizione di vivere senza pubblico. Nell’istante in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, volenti o nolenti ci adattiamo agli occhi che ci osservano, e nulla di quel che facciamo, ha più verità.
Le domande veramente serie sono solo quelle che possono essere formulate da un bambino. Solo le domande più ingenue sono veramente serie perché sono domande per le quali non esiste risposta. Una domanda per la quale non esiste risposta è una barriera oltre la quale non è possibile andare. In altri termini: sono proprio le domande per le quali non esiste risposta che segnano i limiti delle possibilità umane e tracciano i confini dell’esistenza umana!
Ciò che l’io ha di unico si cela appunto in ciò che l’uomo ha d’inimmaginabile. Noi possiamo immaginarci solo ciò che nelle persone è uguale, ciò che è comune. L’io individuale è ciò che si differenzia dal generale, quindi ciò che non si può indovinare o calcolare in precedenza, ciò che nell’altro si deve svelare, scoprire, conquistare.
L’amore comincia con una metafora, in altri termini: l’amore comincia nell’istante in cui la donna s’iscrive con la sua prima parola nella nostra memoria poetica.
Un romanzo non è una confessione dell’autore, ma un’esplorazione di ciò che è la vita umana nella trappola che il mondo è diventato.
Non potremo mai stabilire con certezza fino a che punto i nostri rapporti con gli altri sono il risultato dei nostri sentimenti, del nostro amore, del nostro non-amore, della nostra bontà o del nostro rancore e fino a che punto sono condizionati dal rapporto di forze tra gli individui.
La vera bontà dell’uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell’umanità, l’esame fondamentale è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell’uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri.

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