giovedì 10 febbraio 2011

L’isola del giorno prima

L’essere non è altro che il gran teatro del visibile disposto nella conca dello spazio.
Quell’infinità di mondo non andava soltanto ricercata al di là delle costellazioni, ma al centro stesso di quella bolla dello spazio, di cui egli era sorgente d’infinite parallassi.
Davvero ci sono gli infiniti mondi. Ovvero lo studio della fisica lo inclinava a dire di sì, sulla scorta del grande Epicuro.Il mondo non può essere che infinito. Atomi che si affollano nel vuoto. Che i corpi esistano, ce lo attesta la sensazione. Che il vuoto esista ce lo attesta la ragione. Come e dove potrebbero altrimenti muoversi gli atomi?Se non ci fosse vuoto non ci sarebbe moto. D’altra parte se il vuoto fosse infinito, e il numero degli atomi finito, questi ultimi non cesserebbero di muoversi per ogni dove. E se il vuoto fosse finito, e i corpi infiniti, esso non avrebbe posto per contenerli. Naturalmente basterebbe pensare a un vuoto finito abitato da atomi in numero finito. Dio ha creato un numero sufficiente di atomi, in uno spazio sufficientemente ampio, per comporre il proprio capolavoro. Della sua infinita perfezione fa parte anche il Genio del Limite.
Chi diceva che Dio tenda al limite, se l’esperienza mi rivela di continuo altri e nuovi mondi, vuoi in alto che in basso?Potrebbe allora essere che non Dio, ma il mondo sia eterno e infinito e sempre sia stato e sempre così sia, in un infinito ricomporsi dei suoi atomi infiniti in un vuoto infinito. E allora il mondo sarebbe Dio. Dio nascerebbe dalle’eternità come universo senza lidi, e io sarei sottoposto alla sua legge, senza sapere quale sia.
Sono entrato nella vita sapendo che la legge è uscirne. S’impersona la propria parte, chi più a lungo, chi più in fretta, e si esce di scena. La vita si spegne da sola, come una candela che ha consumato la sua materia. E ci si dovrebbe essere abituati, perché come una candela abbiamo cominciato a disperdere atomi sin dal primo momento che ci siamo accesi. Non è una grande sapienza saper queste cose, dovremmo saperle dal momento che siamo nati; ma di solito riflettiamo sempre e soltanto sulla morte degli altri. Qualcuno, in verità, mi ha detto che pochi conoscono la morte. Di solito la si sopporta per stupidità o per abitudine, non per risoluzione; si muore perché non si può fare altrimenti.

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