lunedì 30 maggio 2011

Il mignolo di Buddha

Contemplando i musi dei cavalli e le facce della gente,
tutta questa viva corrente senza rive sollevata
dalla mia volontà e che corre a precipizio verso il nulla
nella steppa purpurea al tramonto, spesso penso:
dove sono Io, in questa corrente?!
GENGIS KHAN

La vita è un teatro; ma quello di cui si sente parlare assai meno è che in questo teatro danno ogni giorno uno spettacolo nuovo. Tanto, il futuro appartiene al cinematografo!
Oggi praticamente tutti soffrono di un conflitto inconscio. Il mondo intorno a noi si riflette nella nostra coscienza e diventa un oggetto della mente. E quando nel mondo reale si spezza un legame forte e consolidato, lo stesso succede anche a livello della psiche. In questi casi, nel chiuso del suo Io si libera una quantità enorme di energia psichica. Tutto sta nel capire in quale canale lenergia verrà convogliata dopo lesplosione. Tale energia si può muovere allinfuori, in direzione del mondo esteriore o rimane dentro.
Nella vita di un uomo, di un paese, di una cultura, avvengono continue metamorfosi. A volte si protraggono nel tempo e sono quasi impercettibili, altre volte invece si acutizzano. Ed è proprio latteggiamento di fronte a tali metamorfosi a determinare la differenza fondamentale fra le culture.Prendiamo la Cina: tutta la loro concezione del mondo è fondata sullidea che ogni cosa vada degradandosi, a partire da una presunta età delloro verso le tenebre e il marasma sociale. Secondo loro, il punto di riferimento assoluto si trova ancorato nel passato. E tipico della cultura umana in generale, si rinviene persino nella lingua.
Tutti noi non siamo altro che suoni che volano via dalle dita di un ignoto pianista, semplici terze brevi, seste lente, e settime dissonanti di una grandiosa sinfonia che a nessuno di noi è dato ascoltare per intero.
Ero circondato da una folla di ragazzini, automaticamente riflettei che mentre quegli idioti di adulti erano tutti impegnati nella riorganizzazione del mondo inventato da loro, i bambini continuavano a vivere nella realtà. E se pure questi bambini erano stati infettati dal bacillo della demenza; nei loro occhi limpidi brillava ancora il ricordo di qualcosa che io avevo dimenticato ormai da tempo. Forse era linconscia reminiscenza della grande fonte di tutto lesistente, da cui loro, addentrandosi nellignobile deserto della vita, non si erano ancora allontanati troppo.
L’uomo in un  certo senso assomiglia a un treno. Anche lui è eternamente condannato a trascinarsi dietro dal passato una lunga teoria di buie, orribili carrozze ereditate da chissà chi. E’ l’assurdo frastuono di questo casuale aggancio di speranze, opinioni e paure la chiama “la sua vita”. E non c’è modo di evitare questa sorte.
<<Non era capace di percepire la realtà nella sua interezza. Gli elementi del mondo circostante apparivano nell’istante esatto in cui il mio sguardo cadeva su di loro, e mi cresceva dentro la vertiginosa sensazione che fosse proprio il mio sguardo a crearli!>>

Uno stato abbastanza raro : un’assoluta mancanza di pensieri. In ogni caso, non era del tutto corretto definirla mancanza di pensieri, anche solo per la semplice ragione che la mia coscienza del tutto sgombra di pensieri continuava a reagire agli stimoli esterni senza rifletterci sopra. E il fatto di notare che nella mia testa mancavano i pensieri era già di per sé un pensiero sulla mancanza di pensieri. Allora capii che un’autentica mancanza di pensieri era impossibile, perché non avrebbe avuto modo di essere constatata. Oppure si poteva dire che equivaleva al non essere. Era uno stato meraviglioso, tra l’altro mi aveva sempre stupito un tratto tipico della gente che non ha consapevolezza dei propri processi psichici: un individuo può rimanere a lungo isolato dagli stimoli esterni, non avere alcun bisogno reale, ma senza alcuna ragione evidente, dentro di lui sorge un processo psichico spontaneo che lo costringe a compiere una serie di azioni imprevedibili nel mondo circostante. E questo soltanto perché il suo pensiero, per qualche oscura ragione si è lanciato in una direzione assolutamente arbitraria.

Che senso hanno i tentativi di spiegare il nostro destino e le nostre azioni basandoci su quel poco che ci sembra di conoscere? Con pari successo si può cercare di spiegare la vita interiore di una persona per mezzo di deliranti costrutti sociali.

Aristotele ha detto la madre celeste di tutti gli esseri esisteva. E tutti gli esseri umani naturalmente ne erano i riflessi alterati nello specchio offuscato e distorto dell’esistenza; ma oltre all’immagine primaria e al riflesso esisteva un’altra cosa munita di auto esistenza: la materia.

<<Non sono sicuro che l’espressione “tornare in sé” sia del tutto adeguata. L’espressione “tornare in sé” significa in realtà “tornare dagli altri”, perché sono proprio questi a spiegarti fin dalla nascita quali sforzi devi fare su te stesso per assumere la forma che loro più aggrada!>>

Nella vita tutti i successi vanno rapportati all’intervallo di tempo necessario a raggiungerli; se quest’intervallo è troppo lungo, la maggior parte dei traguardi raggiunti risulta più o meno priva di senso. Qualunque traguardo, specie quelli pratici, risulta pari a zero se rapportato alla lunghezza di tutta la vita, perché dopo la morte niente ha più significato.

<<Si può dire che sono una personalità psichica: una somma di abitudini, esperienze,conoscenze e gusti?!>>
<<E di chi sono queste abitudini?>>
<<Di una monade>>
<<E chi è allora quello che si considera una monade?>>
<<E’ la monade a considerarsi così>>
<<Dove vive questa monade?>>
<<Nella mia coscienza>>
<<E la tua coscienza dov’è?>>
<<Nella mia testa>>
<<E la tua testa dov’è?>>
<<Sulla Terra, nell‘universo>>
<<E dov’è l’universo?>>
<<In se stesso>>
<<E dov’è questo in se stesso?>>
<<Nella mia coscienza!>>
<<Tutto ciò che vediamo si trova dentro la nostra coscienza, perciò non si può dire che la nostra coscienza si trova da qualche parte. Non ci troviamo da nessuna parte, per la semplice ragione che non c’è un posto di cui si può dire che ci troviamo proprio lì.>>

La parola Dio penetra nella coscienza dell’uomo nella sua infanzia: come l’impronta di uno stampino, ovvero identico a quello applicato a miriadi di altre menti, e molto dipende dalla superficie su cui viene impressa; per questo si dice che ognuno ha il proprio Dio.
Si stenta a credere che a qualcuno possa venire in mente che questa semplice parola di tre lettere sia davvero fonte di eterno amore e di eterna grazia, il cui mero riflesso rende la vita in questo mondo almeno parzialmente accettabile.
Se tutto si limitasse solo a questo non ci sarebbe niente di particolarmente straordinario, il problema sono le strisce di vuoto lasciate dallo stampino. L’uomo comincia a osservare questa parola, e dall’apparenza del senso passa alla sua forma apparente, finché a un tratto non scorge gli spazi vuoti che non sono riempiti dal nulla. Ed è solo lì, proprio in quel vuoto, che si può trovare quel che le enormi lettere deformi si sforzano di indicare invano; perché la parola Dio designa ciò che non può essere designato. Infatti qualsiasi parola è un recipiente, e tutto dipende da quanto vuoto può contenere.
Il segmento di realtà in cui ci troviamo è collocato al centro e attorniato dal vuoto da cui esso proviene e nel quale si dissolve.
Nella profondità dell’anima si spalanca lo stesso vuoto, ed è proprio a partire da questo vuoto che si genera il mondo, si genera a ogni istante!
Per tutti noi questa vita è un dormiveglia. Ci svegliamo definitivamente solo quando arriva la fine!
Non esiste nessuna cosa sostanziale. Esiste solo un insieme di oggetti di percezione sostanzialmente vuoti.
Rappresentava ormai un segmento di realtà insignificante. E intanto quella concentrazione dolorosa che era la vita non aveva alcun senso. Aveva scoperto che tutta la sua lunga esistenza umana, piena d’angoscia, di speranza e di paura, non era altro che un fugace pensiero che per un attimo aveva attirato la sua attenzione.

ALLEGORIA DELLA VITA
Era una lampada costituita da un fornelletto a spirito e da un lungo matraccio di vetro al cui interno piccoli pezzi di cera nuotavano nella glicerina colorata. Questa cera si scalda sul fornello e si muove verso l’alto in gocce che assumono le forme più bizzarre. Salendo si raffreddano; più in alto arrivano e più lentamente si muovono. Finché a un certo punto si fermano e cominciano a ricadere verso il punto da cui erano salite, a volte senza aver neanche raggiunto la superficie.
C’è una tragicità platonica in tutto questo!
Immaginate che le gocce solidificate che salgono all’interno della lampada siano dotate di una coscienza. In tal caso sorgerebbe subito un problema di auto identificazione. Se qualcuno di questi pezzetti di cera pensasse di essere la forma che ha assunto, allora sarebbe mortale; ma se si rendesse conto di essere cera, allora che cosa può accadergli?Niente.
In tal caso sarebbe immortale, ma il trucco sta nel fatto che per la cera è molto difficile capire che è cera. Rendersi conto della propria primigenia natura è quasi impossibile. Come si fa a notare ciò che fin dal principio dei tempi è stato sempre davanti agli occhi? Perciò l’unica cosa che la cera riesce a notare è proprio la sua forma temporanea.
Una splendida allegoria!
Ne segue che l’unica strada che porta la goccia di cera all’immortalità è quella di smettere di credersi una goccia e rendersi conto che è proprio cera; ma dato che la nostra goccia è capace di notare solo la sua forma, passa tutta la sua breve vita a pregare il Signore della Cera di salvare questa forma, benché questa forma, a rifletterci un po’, non abbia con lei alcun rapporto. Al tempo stesso ogni goccia di cera possiede le medesime caratteristiche di tutta la sua massa presa insieme. Una goccia nel grande oceano dell’esistenza è questo stesso oceano tutt’intero contratto per un istante alle dimensioni di una goccia; ma come fare a spiegarlo ai pezzetti di cera, che più di ogni altra cosa temono di perdere la loro fuggevole forma? Come suscitare in loro questo pensiero? Perché in fondo sono proprio i pensieri a condurli in fretta alla salvezza o alla morte, perché la salvezza e la morte sono anch’esse, in sostanza, pensieri!!!

L’aurea fortuna è quando un particolare slancio del libero pensiero dà l’opportunità di vedere la bellezza della vita.

A proposito del luogo a cui va a finire chi è riuscito a salire sul trono che si trova da nessuna parte. Noi chiamiamo questo luogo “Mongolia Interna”.Un posto che si trova dentro colui che vede il vuoto, guardandolo dentro se stesso. Infatti dipende tutto da chi guarda.
Il mondo in cui viviamo è solo una visualizzazione collettiva che ci educano a produrre fin dalla nascita. In sostanza, questa è l’unica che una generazione trasmette all’altra. Quando un numero sufficiente di persone visualizza la natura circostante, allora si è in grado di vedere le stesse cose tutti assieme. Tuttavia al di là di qualsiasi modello che ci venga prescritto dal passato, nella vita ciascuno di noi vede in realtà soltanto il riflesso del proprio spirito!

L’unico attimo reale del tempo è “adesso”. Quest’attimo è proprio l’eternità.

<<Il nostro paese è sempre stato una galera, e sempre una galera resterà. Ecco perché anche Dio è così, con i lampeggianti e le sirene. Se fosse diverso, chi crederebbe in Lui? Forse le cose non stanno davvero così. Forse il nostro Dio non assomiglia a un boss con i lampeggianti perché viviamo dentro una galera, semmai è il contrario: viviamo dentro una galera perché ci siamo scelti un Dio che assomiglia a un capoccia con la sirena da sbirri!>>

E’ la mia coscienza febbricitante a creare l’incubo oppure è essa stessa una creazione dell’incubo? E’ la stessa cosa.
Tutte queste costruzioni sono necessarie solo per sbarazzarsene una volta per tutte. Dovunque vi troviate, cercate di vivere secondo le leggi del mondo in cui siete capitati e usate quelle stesse leggi per fuggire dal quel manicomio.( LABIRINTO VIVENTE)

In noi il desiderio arde ancora,
vi partono i treni di buon’ora.
S’affretta la farfalla della mente,
precipita dal nulla verso il niente. (Pet’ka Pustota)

L’amore, in fondo, nasce dalla solitudine, quando il suo soggetto è assente, ed è rivolto non tanto a colui o colei che ami quanto a un immagine costruita dalla mente e poco legata all’originale. Per far nascere il vero amore bisogna saper creare delle chimere.
Appena il flusso dei sogni ti prende e ti porta via, ne fai subito parte, perché all’interno di quel flusso tutto è relativo, tutto scorre e non c’è nulla a cui potersi aggrappare. Mentre ti risucchia un vortice tu non lo capisci, perché ti muovi anche tu assieme all’acqua, che infatti ti sembra immobile. Ecco come nasce in un sogno la sensazione di realtà. Però esiste un punto che è fisso in assoluto, e questo punto si chiama “non lo so”.
Anche nella vita vi è un punto così; è perfettamente immobile, e tutta questa vita al confronto è un sogno! Tutte le cose al mondo non sono altro che un vortice di pensieri, e il mondo attorno a noi si fa reale solo perché tu stesso diventi questo vortice. Solo perché tu sai.

Tutto questo mondo è solo una barzelletta che si è raccontato il Signore Iddio. E anche il Signore Iddio è la stessa cosa!?
<<Pensai a tutti quegli uomini scalmanati che correvano come matti in mezzo a pesanti nuvoloni di fumo dentro deformi chimere create dalla loro mente collettiva offuscata!
Esiste solo una sola libertà: quando sei libero da tutto ciò che costruisce la mente. Questa libertà si chiama “non lo so” .>>
Se il pensiero espresso è menzogna, anche il pensiero non espresso lo è perché in ogni pensiero è già presente la sua espressione.
La personalità di un essere umano è come una collezione di abiti tirati fuori a turno da un armadio, e che meno reale è una persona, più abiti tiene in questo armadio.

Nessun commento:

Posta un commento