sabato 18 dicembre 2010

Auto da fé



La cecità è un’arma contro il tempo e lo spazio; la nostra esistenza è tutta una mostruosa cecità, tranne quel poco che riusciamo a cogliere con i nostri miseri sensi.
Il principio dominante nel cosmo è la cecità. Proprio essa rende possibile la presenza, l’una accanto all’altra, di tante cose che non potrebbero coesistere se si vedessero reciprocamente.
Il grande maestro Mong-Tse disse:<<Agisce e non sa ciò che fa, segue le proprie consuetudini e non sa nemmeno perché, va errando tutta la vita e non conosce il proprio cammino: così è la massa degli uomini>>.
Sempre e senza eccezione bisogna guardarsi dalla massa, essa è pericolosa, perché è priva d’istruzione e dunque d’intelligenza.
Basta chiamare le cose con il loro nome, e subito esse perdono il loro pericoloso potere magico. L’uomo primitivo dava ad ogni cosa il nome sbagliato, ed era in balìa di un terribile incantesimo. La scienza ci ha liberati da ogni credenza e da ogni credulità. Essa usa sempre gli stessi nomi e con essi designa le cose reali. Qualunque malinteso è impossibile.
Pazzi diventano coloro che pensano sempre soltanto a se stessi. La demenza è una punizione per l’eccessivo egoismo.
Un mezzo uomo buono a tutti gli usi, senza il coraggio di essere perché nel nostro mondo essere significa essere diversi, ognuno un tipo a sé, un manichino con la carica, messo in moto o arrestato da un caso benigno senza il minimo influsso personale, senza una scintilla di potere, recitando meccanicamente sempre le stesse vuote frasi.
La scienza aveva instillato nella loro testa la fede nelle cause. Essendo persone di mondo, si attenevano fedelmente alle usanze e alle opinioni maggiormente diffuse nel loro tempo. Amavano il piacere e spiegavano tutto e tutti col desiderio di conseguire il piacere. Essi intendevano per piacere i vizi tradizionali, che da quando esistono le bestie, il singolo ha praticato con infame assiduità. L’impulso che spinge gli uomini a collocarsi in una specie animale superiore, la massa e a perdersi completamente in essa. Questo perché erano persone colte, e la cultura è un salvagente dell’individuo contro la massa che è in lui.
Noi conduciamo la cosiddetta lotta per l’esistenza non solo per soddisfare la fame e l’amore, ma anche per soffocare in noi la massa. In determinate circostanze essa diventa così forte da costringere l’individuo a compiere azioni disinteressate. L’umanità esisteva come massa in sede concettuale. Essa ribolle in tutti noi, animale mostruoso, selvaggio focoso e turgido di umori, nel fondo del nostro essere. Di essa noi non sappiamo nulla, viviamo ancora come presunti individui. A volte la massa ci si riversa addosso. Per il momento essa tende ancora a dissolversi di nuovo, e allora noi torniamo ad essere noi stessi, dei poveri diavoli solitari.
La bestia nell’uomo fa eco conciliante l’agnello dell’umiltà. Un giorno non tornerà a dissolversi, e da questo dilagherà poi ovunque finché nessuno potrà più dubitare di essa.

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