sabato 18 dicembre 2010

Siddharta



La vita è dolore, l’origine del dolore è la sete di vivere che conduce di rinascita in rinascita, accompagnata dal piacere e dalla cupidigia.
Spegnere questa brama di vita mediante l’annientamento completo del desiderio, tale è la condizione necessaria per conseguire la soppressione del dolore.
Valeva la pena sapere tutto se non si sapeva l’Uno e il tutto?!
Ci accostiamo davvero alla conoscenza?O non ci aggiriamo piuttosto in un cerchio, noi pur che pensavamo di sottrarci al circolo delle trasformazioni elementari?
Lungo tempo ho impiegato Govinda per imparare questo:
non si può imparar nulla!Nella realtà non esiste quella cosa che chiamamo “imparare”.
C’è soltanto un sapere che è ovunque, Atman che è in me e in te e in ogni essere.
Questo sapere non ha nessun peggior nemico che il voler sapere, che l’imparare.
Ognuno può compiere opere di magia, ognuno può raggiungere i suoi fini, se sa pensare, aspettare e digiunare.
Siddharta intuì perché da penitente, avesse invano lottato contro il proprio Io. Troppa scienza l’aveva impacciato, troppi sacri versetti, troppe regole e mortificazione, troppo affanno di azione!
Nulla fu, nulla sarà: tutto è, tutto ha realtà e presenza.
Non era forse il tempo, la sostanza di ogni pena, tormento e paura?E il male non sarebbe superato se si fosse trovato il modo di annullare il pensiero del tempo?
La coscienza, il pensiero consapevole dell’unità di tutta la vita.
Quando qualcuno cerca, allora accade che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, perché pensa sempre a ciò che cerca, perché è posseduto dal suo scopo.
Cercare significa avere uno scopo, ma trovare significa essere libero e non avere nessuno scopo.
La saggezza si può viverla, ma non è possibile insegnarla.

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