martedì 21 dicembre 2010

Neogenesis

Siamo come segni e come segni trascoloriamo nella spirale degli infuocati punti ricadenti.
Forse ogni linguaggio serve solo a fare rigide descrizioni funzionali a singoli aspetti della nostra osservazione.
Il mondo è un’onda di luce, un’onda di luce ogni attimo diversa. Ecco la vita, onde di luce che vediamo, onde di luce che potremmo vedere.
Il pensiero razionale e il metodo scientifico non convincono più. Ho l’impressione che continuino a vedere e analizzare tutti i punti all’interno del cerchio, se vuoi anche i punti della circonferenza, se vuoi in quattro dimensioni, o in otto, o in sedici, ma che comunque non abbiano mai presente il cerchio nella sua totalità, perché finché descrivono un punto, tutti gli altri sono già mutati. Manca l’unione con l’esplorazione della nostra sfera percettiva.
Aristotele si assume il principio che una cosa è vera o è falsa, o anche che la negazione della negazione di un concetto è il concetto stesso. Tutto questo deriva dall’imporre che la verità sia un concetto assoluto che separa le cose in due categorie: quelli veri e quelli false; così facendo, il problema della verità riguarda esclusivamente gli oggetti d’indagine e non i soggetti che indagano, i quali pur essendo quelli che dovrebbero usare la logica, in questo modo se ne pongono al di fuori.
Noi abbiamo un limite intrinseco, abbiamo la necessità interna di non fermarci, di far sì che il cuore possa pompare sangue il più a lungo possibile, che i polmoni si dilatino il più a lungo possibile… e ogni funzione è collegata all’idea di arresto temporaneo, definitivo o consequenziale, che altro non significa se non arresto del sistema operativo uomo. Un sistema che qualcosa ha avviato e non può far altro che funzionare fino alla sua morte.
E se una persona non riesce a uscire dalle idee che gli si riproducono in testa, è finita, perché la vita non procede se non in un tempo ristretto e spezzato, senza mai diffondersi.
A volte ho l’impressione che ci siano state, a un certo punto, due strade che l’uomo poteva intraprendere: sentirsi un uomo e svelare la sua unità con l’universo attraverso lo svolgimento dei propri veli, oppure sentirsi il nucleo di un’entità di veli universali da accatastare fuori di sé per intessere un complesso abito rilucente che potrà, un giorno, indossarsi da solo e mostrare cos’era l’uomo.
L’osservazione del comportamento animale dell’uomo ci induce a sottolineare come ogni senso comunemente considerato sembri essere usato per svolgere un’unica funzione di tipo meccanicista tenendo conto della dipendenza dei sensi della decriptazione degli stimoli neuronali che passano nel cervello.
La verità può essere conosciuta ma non trasmessa, e proprio ciò che di essa è tramandabile non la contiene più.
Ogni cosa ci viene data e tolta continuamente. Più soffriamo e più saremo in grado di gioire, più piaceri avremo più ne perderemo, più cose vedremo e meno conoscenze certe avremo. Il cervello può ingannarti, come chi è in grado di ingannare un ordine precostituito. Dove ti porterà il pensiero, lui c’è già stato, tu ci sei già stato. E non è, che una parte di quello che sei.
I buchi neri sono stelle in contrazione in cui la massa è confinata in una regione esigua dello spaziotempo dove si è raggiunto un punto critico tale che la distorsione spaziotemporale è così accentuata da non permettere nemmeno alla luce di sfuggire alla sua morsa gravitazionale. Possiamo dedurre che la futura ipotetica contrazione dell’universo non possa essere, lineare e in senso inverso all’attuale espansione, ma ne dovrebbe essere una sorta di trama equivalente-Teoria delle Stringhe.
L’invalicabilità attuale posta tra il nostro universo in espansione e il nostro universo in contrazione è già scritta nella meccanica quantistica che denota l’interferenza andando ad attraversare l’orrizonte degli eventi entrando nell’universo fisicamente più prossimo, e ritrovare così la luce.
Non ho mai pensato di potermi riconoscere nello stile di vita sociale che si è adottato. Non ho mai pensato che saremmo riusciti a correggere le mostruosità che osteggiano la nostra vita quotidiana. Sento tutti i miei sensi ribellarsi intolleranti ai continui attacchi cui vengono sottoposti dall’esterno, talmente atrofizzati e soggiogati da modalità ripetitive di fruizione che rimangono assenti e spauriti in me.
Mi accorgo di come l’uomo abbia deliberatamente intrapreso la via dell’irritazione, una via che lo porta continuamente a frustare i suoi bisogni più naturali in nome delle necessità più artefatte. Irrita ogni possibile senso nel suo cammino, mercifica l’utilità di ciò che produce fino a diventarne schiavo e adoratore. Così si addormenta l’uomo, atrofizzato dalle invalicabili barriere delle sue scoperte più grette, divenute oggi più importanti di lui.
Il simbolo, presente come colonna vertebrale di tradizione, rimanda a una concentrazione definita di afflati, i quali si diversificano tra essere ed essere.
L’evidenza delle opinioni e dei metabolismi d’evoluzione lo rende chiaro, ma noi continuiamo a cercare Verità senza capire che la cosa più importante è la Realtà, visione esclusivamente umana che ci permette di vivere ma non di sentire e comprendere. Anche così ciechi però, dovremmo ammettere che, per riconoscere una molteplicità di verità ripartita da diversi punti di vista, si deve necessariamente scaturire da un punto di vista comune che funga da metro di distinzione per affermare logicamente che esistono diversi punti di vista. Questo primigenio punto di vista deve corrispondere a qualcosa che non possiamo chiamare Verità Assoluta ma sarebbe meglio segnare come Substrato Universalmente Riconducibile, o meglio ancora Memoria Universale.
Ho come l’impressione di aver vissuto un tempo in cui istintivamente percepivo le reali potenzialità di ogni parte di me e del mondo, e ora invece cerco di ricostruire.
Penso che tutti gli esseri umani, per tutta la vita, dopo essersi dimenticati completamente fin dalla nascita, cerchino di ricostruirsi passo dopo passo. Nel fare questo, gli uomini finiscono per prediligere di volta in volta solo alcune caratteristiche, solo certe loro essenze e potenzialità, trovandosi così a perdere quell’equilibrio naturale che già il solo atto della nascita ha insito allo stato più puro e che basterebbe accompagnare.
Quando qualcuno vuole farti credere che chi ha raggiunto l’Illuminazione l’ha anche conservata sino al termine della sua vita non credergli. Questo è ciò che ci hanno trasmesso indegni discepoli di grandi uomini, che avevano solo bisogno di poter codificare un percorso per utilizzarla con le persone, per essere seguiti.
Il saggio sa che tutto è movimento, in ogni direzione e dimensione, e qualsiasi stato si raggiunga, esso è destinato a mutare. Questa è l’essenza dell’energia, del flusso. Non esiste nulla che si acquisisca senza averlo già perduto. Noi siamo il flusso.
E’ nata in me l’idea di un universo cosmo logicamente simmetrico che si trovi sia in espansione sia in contrazione, un universo fatto di una trama equivalente che vibra e di cui possiamo vedere solo una parte non avendo il nostro visibile accesso ai buchi neri.
Continuo a pensare che l’auto rigenerarsi logico che corrisponde da una contemporanea espansione e contrazione dell’universo porti a un azzeramento dell’infinito, come nell’immagine di una fontana che sgorga da se stessa infinitamente, comprendendolo di fatto in un quadro concettuale-cosmologico automaticamente definito in un’eterna rinascita confinata dalle proprie stesse caratteristiche.
Tutto è tenuto insieme, a formare la linea, da una locale forza centripeta fatta di un niente che diventa qualcosa solo grazie alla sua velocità illusoria, senza potersi permettere di riconoscersi per quello che è: niente.Se in un barlume si riconoscesse, la sua velocità centripeta si arresterebbe, e fosse anche per un solo secondo, ciò basterebbe a far esplodere tutto scagliandolo chissà dove.
Ho dedicato gran parte della vita a una cosa che chiamano filosofia, e l’unica certezza che ne ho ricavato è che la filosofia è la materia soggettiva per eccellenza. Nel momento in cui si tenta di renderla oggettiva cessa di essere filosofia.
Riesco a sentire ogni corrispondenza dei miei organi e delle mie viscere con un cielo superiore. Penso a un cielo superiore perché, da quando le sensazioni di me sono diventate mirabolanti proiezioni, mi torna in mente spesso quello che diceva Swedenborg a proposito delle corrispondenze tra l’uomo e il Cielo, il principio di corrispondenza di Bohr.
Leggi fisiche, la Scrittura, io che vivo, tutto corrisponde al cielo, al multiverso che tutti vediamo. Lo chiamiamo infine Dio, per la sua complessità irraggiungibile, ma è semplicemente la vita che viviamo e che portiamo a compimento per rivivere nel Cielo, un diverso cielo per ognuno di noi, trascinati dalle proprie momentanee corrispondenze. Noi siamo un passaggio, incontrarci e separarci da tutto sono il nostro destino di nodi dell’universo, del multiverso e dell’essere.
Quello che vediamo sono soltanto memorie di noi, memorie del mondo che abbiamo vissuto; le memorie che si rincorrono sulla vita che sfugge, si assalgono e si ripetono, si inseguono su quel lungo cammino che ci batte dentro. Non riusciamo a fare nulla, anche se tutto ciò che ha vita, è un ricordo appresso a un ricordo che mastica la nostra vita precedente.

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